Per Soledad Gardenas, cuoca – cuoca e non chef, così ama essere chiamata – del ristorante Il Mecenate di Lucca, i Tordelli lucchesi – tordelli e non tortelli attenzione a non confondere le consonanti – stanno alla Lucchesia come la pizza sta a Napoli.
E non a torto perché questo tipo di pasta condita con abbondante sugo di carni miste e Parmigiano grattugiato ha una lunga storia. Qualcuno la fa risalire addirittura al Medioevo, quando i contadini delle campagne toscane in una condizione di estrema povertà riciclavano, nei giorni di festa i cibi avanzati, pezzi di maiale, di manzo, di pollo per concedersi un piatto gustoso che richiedeva una lunga preparazione attorno al quale riunire la famiglia. Tordello e non tortello. Il perché del distinguo lessicale non è mai stato acclarato ma di certo questa denominazione la si trova citata nel 1700. A dire il vero c’è una teoria per cui il suo originale nome verrebbe fatto risalire a un detto popolare con cui in toscana si apostrofa una persona dalle forme abbondanti: “sei grasso come un tordo” che nel caso specifico si riferirebbe alla grande abbondanza di ingredienti che rendono ricco e oltremodo sostanzioso il Tordello. D’altronde si sa i contadini sono persone dallo stomaco forte.
Comunque, anche se non possono vantare l’autorevolezza di una citazione nel Decameron come accaduto per i ravioli, i lucchesi amano ricordare che durante il carnevale del 1924 Mario Tobino dedicò loro una ballata: “Di tondelli una dozzina/ Ne mangiasti alla Morina/ Si lamenta poverina/ La lasciasti talalla’”.
Intanto, come distinguere i Tordelli dai Tortelli a prima vista? Dalla forma, rigorosamente a mezzaluna i primi, quadrati generalmente gli altri. E per andare a colpo sicuro basta recarsi a Lucca, a Viareggio e nella Lunigiana, storica zona di produzione per gustare l’antica ricetta dei Tordelli.
A Lucca è bene segnarsi un prezioso indirizzo, quello del ristorante Il Mecenate dove, nei locali in cui un tempo c’era una storica tintoria lungo il “fosso” della città, da 25 anni a questa parte c’è una trattoria dove si può ancora respirare l’atmosfera autentica e conviviale delle trattorie d’una volta. Niente esoterismi e niente voli pindarici, qui il menu è una vera e propria carrellata di sapori locali, un vero e proprio viaggio a ritroso nel tempo: che ha i suoi pezzi forti nei tordelli, nella trippa e nel budino di pane, la cui ricetta originale risale al Settecento.
Da 25 anni ai fornelli del Mecenate, c’è Soledad Gardenas con una passione travolgente e coinvolgente, la sua si può definire, infatti, una cucina acustica, fatta di suoni naturali e locali, diretta, intrisa di fattore umano, ossia della storia personale, dalle esperienze di una vita, dalla musica ascoltata, degli incontri, delle amicizie, dei vini bevuti e delle serate consumate in allegria al Mecenate. Ma è anche una cucina attenta ai sapori genuini, senza forzature, allo studio della tradizione e all’attenzione per i tanti piccoli produttori della zona, in una rete virtuosa di cose buone accuratamente selezionate.
Con Lei in sala il marito Stefano trattore nel DNA come suo nonno Guido, che aveva una trattoria in corso Garibaldi, vicino ai pratini e che, come clientela fissa, aveva le “donnine allegre” delle case chiuse della vicina Via della Dogana e i loro clienti.
Come suo padre, Pietrino, che per un po’ di tempo, da giovane fece il cuoco nella trattoria… fino a che la moglie, Etta, scoprì la storia delle “donnine allegre” e si dovette mettere a fare il rappresentante di biscotti. Poi Stefano si è messo nel corso del padre e del nonno. D’altronde Corso Garibaldi fortunatamente è lontano … perché con la Soledad non si scherza!
Cominciate dalla preparazione del sugo. Tritare il sedano, la carota, la cipolla e metterli in un tegame con l’olio e l’alloro facendo rosolare il tutto. Unite le carni macinate e la testa di coniglio, salate e fate insaporire bene assieme al soffritto. A questo punto bagnate con il vino rosso fatelo sfumare a fuoco vivo e unite prima la conserva Poi pomodori secchi pelati e senza semi e le spezie. Regolate di Sale e Pepe portate a ebollizione e fate cuocere a fuoco lento per almeno tre ore aggiungendo, di tanto in tanto, quando necessario, un sorso di brodo. Intanto per il ripieno fate cuocere in una casseruola le carni di manzo e di maiale con olio di oliva salvia e rosmarino bagnando con un po’ di brodo e sfumando con il vino. Quando gli arrosti sono pronti macinateli assieme alla mortadella e mettete il tutto in una zuppiera aggiungete il timo, la cannella, la noce moscata, la mollica di pane ben strizzata e il formaggio. Impastate per qualche minuto salate pepate e unite l’uovo intero. Deve risultare un composto omogeneo e morbido.
A questo punto potete fare la pasta. Disponete la farina a fontana al centro mettere le uova l’olio una presa di sale e cominciate a impastare fino al completo assorbimento della farina aggiungendo l’acqua necessaria, indicativamente una tazzina da caffè fino a ottenere una pasta morbida e facilmente lavorabile. Col mattarello stendete una sfoglia sottile e ricavatene delle strisce larghe circa 13 cm. Adagiatevi il ripieno a mucchietti e ripiegate la pasta su se stessa fino a coprirli. Con l’aiuto di un bicchiere non troppo grande ritagliate i tordelli e premete i bordi con la punta di una forchetta per evitare che si aprano durante la cottura. Continuate così fino all’esaurimento di pasta e ripieno, allineando man mano i tordelli su una tovaglia leggermente infarinata staccati l’uno dall’altro. Fate bollire una pentola di acqua salata e buttateci poco per volta i tordelli. Quando vengono a galla abbassate il fuoco ed estraeteli con un mestolo bucato facendoli sgocciolare molto bene. Metteteli in una zuppiera conditeli con il sugo di carne e buon parmigiano e servite
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