DA AMAZON STOP ALLO SMART WORKING: ECCO PERCHé è DIFFICILE VALUTARE SE CI SARà UN SEGUITO

«Hey team, abbiamo deciso che torneremo a essere presenti in ufficio come prima dell’inizio del Covid». Cioè cinque giorni su cinque. Il ceo di Amazon, Andy Jassy, in una lunga lettera ai lavoratori (1,5 milioni tra corporate ed operations) ha spiegato che l’inizio del 2025 segnerà il rientro di tutti in sede. Fatte salve le eccezioni perché «prima della pandemia non tutti erano in ufficio cinque giorni a settimana, ogni settimana - ricorda Jassy che lavora in Amazon da 27 anni-. Se tu o tuo figlio eravate malati, se avevi qualche tipo di emergenza domestica, se eri in viaggio per incontrare clienti o partner, se avevi bisogno di un giorno o due per finire di programmare in un ambiente più isolato, era possibile lavorare da remoto. Questo è stato capito e anche questo andrà avanti». Amazon quindi continuerà a ragionare in termini di flessibilità, ma per nessuno sarà più scontato ragionare in termini di due giorni a settimana da remoto, come oggi.

La tempistica lascia intendere che i prossimi mesi serviranno per fare gli aggiustamenti necessari per mettere a terra il piano, anche perché sul tema ci sono tali spinte e contro spinte che è difficile dire che cosa accadrà e se il ritorno al passato di Amazon avrà un seguito anche in altre società. Nel nostro Paese ci sono approcci diversi come per esempio quello di Unipol che non ha mai sostenuto lo smart working e qualche segnale, come quello di Panini che ha scelto di dimezzare i giorni da remoto, ma sembrerebbe prematuro parlare di una nuova ondata in una direzione piuttosto che in un’altra. Le grandi società che abbiamo sentito per l’Italia da Enel ad Eni fino a Intesa, Unicredit, Generali a Sace confermano l’utilizzo dello strumento nella modalità condivisa anche col sindacato.

Del resto ogni società ha un Dna e una cultura diverse e, come spiega il top manager è proprio l’elemento culturale e la necessità di «rafforzare ulteriormente la nostra cultura e i nostri team» ad avere determinato la scelta, arrivati ai lavoratori nel tempo di lettura, tutto sommato rapido, dell’appassionata lettera di Jassy che ripercorre la storia, i risultati - «avevamo un fatturato annuo di 15 milioni di dollari l’anno prima del mio ingresso, quest’anno dovrebbe essere ben al di sopra dei 600 miliardi di dollari» - e guarda agli obiettivi futuri molto sfidanti. «Essere così focalizzati sul cliente è una parte stimolante - ricorda Jassy - ma lo sono anche le persone con cui lavoriamo, il modo in cui collaboriamo e inventiamo quando diamo il meglio di noi, la nostra prospettiva a lungo termine, la responsabilità che ho sempre sentito ad ogni livello, (ho iniziato come Livello 5), la velocità con cui prendiamo decisioni e ci muoviamo, e la mancanza di burocrazia e politica. La nostra cultura è unica ed è parte del nostro successo». Ma non bisogna mai dare nulla per scontato. Per i lavoratori i due giorni di smart working a settimana, per la società «la propria cultura che non è un diritto di nascita. Devi lavorarci tutto il tempo» e «rafforzare la nostra cultura rimane una priorità assoluta per me e per l’ s-team. E ci penso tutto il tempo».

Lo smart working apparterrà sempre di più al passato di Amazon perché la società ha capito che stare insieme ha molti più vantaggi. Come spiega Jassy, «quando guardiamo indietro agli ultimi cinque anni, continuiamo a credere che i vantaggi dello stare insieme in ufficio siano significativi. Abbiamo osservato che è più facile per i nostri compagni di squadra apprendere, modellare, mettere in pratica e rafforzare la nostra cultura». E poi ancora «collaborare, fare brainstorming e inventare sono più semplici ed efficaci». Così come «l’insegnamento e l’apprendimento reciproco sono più fluidi». E i team? «Tendono ad essere meglio collegati tra loro». Gli ultimi 15 mesi di lavoro in ufficio almeno tre giorni alla settimana «hanno rafforzato la nostra convinzione sui vantaggi».

Il manager non tralascia il tema dei temi e cioè le sedi e le possibili dimissioni. Lo smart working massivo ha ridotto enormemente gli spazi di lavoro e introdotto quelle che chiama le scrivanie agili, ossia le scrivanie condivise. Anche su questo si torna al passato. «Ripristineremo anche la disposizione delle postazioni assegnate in luoghi precedentemente organizzati in questo modo, comprese le sedi centrali degli Stati Uniti (Puget Sound e Arlington). Per le sedi che disponevano di scrivanie agili prima della pandemia, inclusa gran parte dell’Europa, continueremo a operare in questo modo». Jassy sa bene di dire cose che non tutti i lavoratori apprezzeranno perché, forse, «potrebbero aver impostato la propria vita personale in modo tale che tornare in ufficio costantemente cinque giorni alla settimana richiederà alcuni aggiustamenti». Anche lui però ricorda che aveva previsto di tornarsene a New York dopo qualche anno e invece non lo ha fatto perché ha trovato più ragioni a rimanere a Seattle che a rientrare nella Grande mela. È facile prevedere un’ondata di dimissioni soprattutto tra i tech workers che hanno più mercato. Ma la via è stata imboccata e anche gli eventuali svantaggi, forse, saranno già stati messi in conto dalla società.

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