L’INFLUENCER MARIO DRAGHI PROMOSSO A PIENI VOTI

La notizia è che il Parlamento Ue approva il piano Draghi. Magari non all’unanimità. Tuttavia, la maggioranza degli interventi, seguiti alla presentazione del Rapporto sulla Competitività Ue, presentato appunto ieri dal nostro ex premier a Strasburgo, è stata di pieno sostegno al documento. Certo, se poi il dibattito fosse proseguito con un voto, magari a scrutinio segreto, non si sa come sarebbe andata a finire. Però, di fatto Draghi si porta a casa una promozione. Non c’era da aspettarsi il contrario, però. Se qualche europarlamentare fosse stato davvero contrario al piano, l’avrebbe detto subito. Visto che è in circolazione ormai da una settimana abbondante. Come ha fatto appunto qualche governo nazionale, storcendo il naso sull’eventuale debito pubblico da generare, o sulla prosecuzione della transizione energetica.

L’altra notizia è che la competitività ha fatto il suo ingresso nell’emiciclo. Che si parlasse di energia, green deal, ma anche incendi in Portogallo e alluvioni in Slesia, non c’è stato europarlamentare che non l’abbia citata. Competitiveness is the new black! Da capire se poi questo sia legato più alla sincera convinzione di ciascun eletto che l’essere competitivi sia fattore determinante per la ripresa europea, oppure un opportunistico modo per entrare nei trend topic dei social. Ciò non toglie che Draghi ora è anche un influencer.

Sul fronte italiano, infine, non sono mancate le speculazioni. «Per anni abbiamo chiesto di utilizzare il buon senso nel perseguire un obiettivo giusto e condivisibile come la conservazione dell’ambiente. Per anni abbiamo lottato contro provvedimenti radicali e miopi guardando al quadro geopolitico internazionale. Il risultato di quegli errori è tutto nel rapporto Draghi. Una perdita di competitività brusca, pesante, ma non inaspettata», ha detto Nicola Procaccini, di Fratelli d’Italia e co-presidente del gruppo dei conservatori.

«Il Rapporto Draghi sottolinea come gli investimenti richiesti siano già previsti in funzione degli obiettivi che la Commissione si è data». Gli ha fatto eco Letizia Moratti (Forza Italia – Ppe). Nicola Zingaretti (Partito Democratico – S&D), infine, ha commentato: «Le crisi di questi anni, la crescita delle disuguaglianze sociali, hanno reso più fragili le nostre democrazie proprio perché se non si offre inclusione e giustizia, cresce la rabbia e il disincanto. La soluzione alla crisi non è lo status quo o la distruzione dell’Europa. Al contrario sta nell’aprire una stagione di rafforzamento dell’integrazione, della competitività, in primo luogo nei settori più innovativi della produzione: per un’Europa più forte e più umana».

Consenso unanime, si diceva appunto. Il che potrebbe andare pure bene. Se solo avessimo la garanzia che le applicazioni delle raccomandazioni fossero dietro l’angolo. Sappiamo che non è così. La Commissione presentata da Ursula von der Leyen, sempre ieri, deve passare dalle forche caudine dell’approvazione del Parlamento. Ammesso e non concesso che ne esca incolume, non è garantito che sia suo interesse seguire un piano che, alla fine, nasce dalla competenza di un pool di tecnici, non eletti. Accontentiamoci.

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