LA DISTRAZIONE DEL RITORNO AL NUCLEARE IN ITALIA

Il gran parlare - a senso unico, senza contradditorio - di ritorno al nucleare in Italia, non solo sta richiamando in servizio attivo i nuclearisti dormienti, ma pare raccolga consensi, non ancora maggioritari, ma significativi, alimentati dalla infondata convinzione che con la fissione dell’uranio si possano abbassare le bollette elettriche, cresciute per le note vicende del gas.

I numeri dicono il contrario, ma rimontare i pregiudizi ideologici non è mai facile. In Italia, per esempio, molto più che in Francia, continua a essere diffusa la convinzione sui successi economici del nucleare francese. Le Monde, fonte ben informata in materia, il 7 dicembre 2020 ha pubblicato un articolo dal titolo “L’ENEL ottiene la sua rivincita sui suoi concorrenti del nucleare e del petrolio”, con sottotitolo ”L’azienda energetica italiana, che ha anticipato la sua transizione energetica, è diventata una super major del rinnovabile“. Nell’articolo alla domanda e “il nucleare?” la risposta è "È diventato un peso".

Per capire l’amarezza di questo articolo dei nostri cugini francesi basta confrontare i successi economici (l’aumento delle quotazioni in borsa, gli utili consistenti, l’aumento delle acquisizioni e degli investimenti) dell’Enel, diventata super major delle rinnovabili, con gli insuccessi (la crescita dell’indebitamento, la difficoltà a reperire capitali, gli anni di bassi utili e perfino una perdita record nel 2022) dell’EDF, la super major francese delle centrali nucleari. Come mai? Parte della risposta viene dai dati, quelli istituzionali, dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, reperibili sulla sua pubblicazione ufficiale annuale, “World Enery Outloock “(pag 302): nel 2022 l’elettricità prodotta dalle centrali nucleari nell’Unione Europea è costata (utilizzando il modello LCOE del costo livellato) 160 dollari al MWh, quella generata dai pannelli fotovoltaici 65 dollari al MWh e dagli impianti eolici onshore 60 dollari al MWh. Il nucleare non genera successi economici anche perché produce elettricità cara. Per sostituire l’elettricità, molto costosa, generata dalle centrali a gas, perché mai si dovrebbe puntare sul nucleare e non sulle rinnovabili, molto più economiche? 

I nuovi reattori SMR (Small Modular Reactors) tuttavia -replicano i filo nucleari- genereranno elettricità a costi minori. Sono affermazioni che abbiamo sentito ad ogni nuova generazione di reattori nucleari e che, per ora, a consuntivo, sono state sempre smentite. Vedremo i numeri a consuntivo, quando saranno costruiti e funzioneranno, e li valuteremo, fermo restando che gli SMR sono sempre reattori a fissione dell’uranio fissile, con i, noti e verificati, problemi di costi e di sicurezza di questa tecnologia.

Costi a parte, replicano i filonucleari, che non si potrebbe produrre il 100% dell’elettricità che ci serve colo con fonti rinnovabili, perché il sole e il vento sono discontinui. Negando alcune evidenze: il mix delle diverse fonti rinnovabili disponibili (quella del solare è diversa da quella dell’eolio, l’idroelettrico da bacino è già più continuo, biomassa, biogas e geotermia no hanno problemi di discontinuità) consente già di limitare e compensare, in buona parte, tale discontinuità; già si gestisce una significativa discontinuità giornaliera e stagionale della richiesta dell’elettricità in rete; già si impiegano, e possono aumentare notevolmente, sistemi di accumulo di energia elettrica come le batterie, anche industriali, le centrali di pompaggio e comincia a svilupparsi, come vettore energetico, anche la produzione di idrogeno verde e di alcuni prodotti collegati come l’ammoniaca e il metano sintetico. L’argomento della impraticabilità del 100% rinnovabile si scontra con la realtà della via praticata dalla Germania, la principale economia europea, che ha chiuso tutte le sue centrali nucleari, produca già il 56% dell’elettricità con fonti rinnovabili, punta a generare l’80% della sua elettricità da fonte rinnovabile entro il 2030 e il 100% entro il 2035. Ovvio che per arrivare al 100% di rinnovabili occorre accelerare l’utilizzo di tutto il mix di rinnovabili disponibili in Italia: tanto solare, molto eolico anche offshore, più idroelettrico rinnovando le centrali che sono, per la gran parte, ormai molto vecchie, un po’ più di biomasse e biogas ed anche di geotermia. Occorre, inoltre, investire nelle reti, negli allacciamenti per la generazione distribuita, e negli accumuli.

Qual è, invece, il risultato principale e pratico, voluto o meno, della strategia del ritorno al nucleare? Non si attiva la strategia 100% rinnovabili al 2035/40, ritenuta impraticabile, non si prendono quindi con convinzione e determinazione le misure per accelerare, in modo efficace e rapido, tutte le fonti rinnovabili (procedure per localizzare e autorizzare gli impianti in temi rapidi e certi, disponibilità adeguata di allacci alle reti, sistemi di accumulo sufficienti). In 14 anni in Italia non si è localizzato un sito per un deposito di rifiuti radioattivi. In 30 anni si sono costruite 4 centrali nucleari, più una rimasta a metà. Per produrre il 20% dell’elettricità richiesta in rete al 2035, servirebbero 28 reattori SMR da 300 MW. Qualcuno crede veramente che in Italia - Paese ormai industrialmente fuori da anni da questa tecnologia, con un territorio pianeggiante e costiero densamente abitato, con vaste aree a elevato rischio sismico ed altre molto estese esposte a rischi di alluvioni e di frane - nei prossimi 20 anni, si possano progettare, finanziare, localizzare e costruire 28 reattori nucleari? Intanto, mentre si punta, a parole, sul ritorno al nucleare e si frena lo sviluppo per 100% di rinnovabili, continuiamo a consumare tanto gas e a pagare bollette elettriche care.

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