LA GIUSTIZIA MIOPE CHE NON TUTELA CHI INVESTE NELL’IMPRESA

Sul Corriere della Sera di ieri Francesco Giavazzi denuncia giustamente i ritardi italiani nell’approntare riforme capaci di rendere più tempestiva la giustizia civile. Ma i problemi, specie negli ambiti più delicati di quel settore dell’amministrazione pubblica, sono anche più gravi rispetto a quello costituito dalla pur drammatica lentezza dei processi. Non è solo questione di “quanta” giustizia è data fuori dai tribunali: ma di “quale”.

All’impresa, al commercio, all’investimento nell’innovazione serve anche un sistema giudiziario capace di assicurarne la tutela, una “macchina” giurisdizionale che garantisca un’affidabile prospettiva di ritorno economico agli operatori interessati. L’Italia, anche su questo fronte, sta lavorando male, con poca attenzione al futuro e scarsa cura dedicata ad asset dell’amministrazione della giustizia invece meritevoli di essere valorizzati. Le sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale erano il gioiello del sistema giurisdizionale italiano.

Istituite presso un numero ridotto di tribunali e corti d’appello, composte da giudici che si occupavano unicamente di quella materia (tanto per intendersi significa marchi, brevetti, diritto d’autore, concorrenza sleale), assicuravano una giustizia affidabile, tecnicamente attrezzata e, soprattutto, abbastanza veloce, quanto meno rispetto al resto di una giurisdizione che troppo frequentemente arriva a sentenza con i fascicoli ingialliti da anni di siesta. Citiamo il caso di questo comparto dell’amministrazione della giustizia civile perché è veramente esemplare.

Quel settore – la concorrenza, l’investimento tecnologico, la proprietà intellettuale – non significa freddi numeri e astruse combinazioni finanziarie: significa crescita economica, ricerca universitaria, lavoro e, in ultima analisi, benessere. Un buon brevetto non vuol dire solo soldi nelle tasche di chi lo sfrutta: vuol dire lavoro e remunerazione per i dipendenti e i collaboratori che rendono possibile sfruttarlo.

Un marchio che funziona non vuol dire solo ricavi per chi ne è proprietario: vuol dire canali di distribuzione che si consolidano e punti vendita che si moltiplicano, con il relativo volano di assunzioni. Ma quei posizionamenti competitivi, e gli investimenti che li sostengono, suppongono l’esistenza e il funzionamento di un sistema di tutela giudiziaria efficace: se non c’è questo, vengono meno quelli.

Ebbene, nel nostro Paese le sezioni giudiziarie specializzate in questa importantissima materia, prima di eccellenza, sono ora in derelizione. Il processo di degrado è cominciato una decina d’anni fa, e inesorabilmente ha portato al collasso attuale. Gli elementi che facevano di quegli uffici giudiziari un esempio di efficienza e affidabilità, vale a dire la concentrazione presso pochi distretti e la specializzazione dei magistrati, sono stati compromessi: a una inutile proliferazione delle sezioni ha fatto riscontro una dannosa moltiplicazione delle competenze, con la conseguente de-specializzazione di magistrati ormai obbligati a occuparsi anche di altre materie.

Il tutto, aggravato da una disorganizzazione formativa e di allocazione dei magistrati che porta la prima circoscrizione giudiziaria del Paese, quella di Milano, a non poter lavorare perché, letteralmente, mancano i giudici. Siamo a questo, e vallo a raccontare all’imprenditore, magari straniero, che qui da noi ha fatto investimenti in una catena commerciale o in uno stabilimento produttivo.

Vagli a dire che non bisogna aspettare che il giudice decida (sarebbe già qualcosa): bisogna aspettare che arrivi un giudice, perché il tribunale è senza giudici. Il risultato non è il singolare disappunto di quell’operatore economico: è la lesione, gravissima, dell’immagine di un intero sistema esposto al giudizio di chi con buona ragione lo considera magari buono per le vacanze e per l’acquisto di un villone, ma davvero non per fare impresa. Il Pil si fa anche in tribunale, mettendoci risorse e competenze: noi quelle risorse non le mettiamo e quelle competenze le sacrifichiamo.

2024-05-07T17:15:24Z dg43tfdfdgfd