MAFIA, MAXIBLITZ A PALERMO: 183 ARRESTATI

Per i summit di mafia le nuove leve di Cosa nostra 3.0, usano le nuove tecnologie e i criptofonini, smartphone con l’uso della crittografia per proteggere i sistemi di comunicazione utilizzati anche per parlare con i boss detenuti. E’ quanto emerge dalla maxioperazione antimafia ha portato in carcere 183 persone tra cui boss e fedelissimi di Cosa nostra scarcerati qualche tempo fa per fine pena: sono tornati in città per riprendere in mano le redini e occuparsi ancora di estorsioni, traffico di droga. Accuse contenute in cinque ordinanze di custodia cautelare e in due provvedimenti di fermo firmati dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e del suo pool della Dda.

L’operazione, condotta dai carabinieri, ha interessato i mandamenti mafiosi di Tommaso Natale, Porta Nuova, Noce, Pagliarelli, Carini e Bagheria. «Cosa nostra - scrivono pm della Dda di Palermo - è impegnata in una significativa opera di riorganizzazione che punta a superare i dissesti cagionati dall’incessante repressione degli ultimi trent’anni. Dopo i falliti tentativi del passato più recente di ricostituire la commissione provinciale i boss vogliono restituire a Cosa nostra una struttura centrale idonea a fortificarne le capacità operative e a riacquistare il potere contrattuale con il tessuto sociale e istituzionale. Più volte, nel tempo, sono state intercettate conversazioni di, vecchi e nuovi, sodali in cui si menzionavano nostalgicamente gli storici capimafia dei quali, pur non apprezzandosi la parentesi stragista che decretò l’indebolimento della compagine associativa, ne venivano rimpianti il prestigio e lo spessore criminale».

Il punto, dunque, rimane sempre quello già emerso la scorsa settimana con l’arresto di Franco Bonura: ricostituire a Palermo ma non solo il potere perduto, tornare agli antichi “fasti”, dettare legge, riproporre la mafia come agenzia di servizi che risponde a «una voglia di mafia» sempre più forte. Tra i boss c’è molta nostalgia per i tempi che furono e insoddisfazione per i picciotti di oggi: «Il livello è basso oggi arrestano a uno e si fa pentito; arrestano un altro...livello misero, basso, ma di che cosa stiamo parlando? - diceva il capomafia di Brancaccio Giancarlo Romano non sapendo di essere intercettato - Io spero sempre nel futuro, in tutta Palermo, da noi, spero nel futuro di chi sarà il più giovane». I magistrati, comunque, intravedono una grande vitalità nell’organizzazione: «Le plurime indagini delegate ai Carabinieri di Palermo nell’ambito dei procedimenti che qui ci occupano hanno registrato una crescente vitalità di Cosa nostra e hanno rivelato un’associazione dotata di una nuova energia che, molto verosimilmente, affonda le sue radici nell’equilibrata combinazione tra gli elementi di modernità, provenienti dalla più avanzate tecnologie, e quelli del passato, rappresentati dalla roccaforte dello “statuto scritto, che hanno scritto i padri costituenti” - evocato nella ormai nota riunione di Butera del 5 settembre 2022 dagli uomini d’onore della famiglia di Rocca Mezzomonreale - che tuttora rappresenta l’humus organizzativo dell’associazione e, soprattutto, l’elemento aggregante».

«Il ritrovato benessere economico ha consentito all’associazione, negli ultimi tempi, di assolvere puntualmente l’obbligo del mantenimento dei sodali detenuti e delle loro famiglie, che, come notorio, oltre a rispondere ad un principio solidaristico di mutua assistenza, è soprattutto finalizzato ad assicurare la compattezza dell’associazione altrimenti in balia di plurime delazioni” scrivono i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo. “In tutte le indagini si è dunque assistito ad una serie di periodiche e costanti consegne di denaro come, ad esempio, in favore dei capimafia detenuti del calibro di Giulio Caporrimo, Calogero Lo Piccolo e, degli ancor più noti, Sandro Lo Piccolo e Salvatore Lo Piccolo, nonché alla moglie di quest’ultimo, Rosalia Di Trapani. Ecco una intercettazione, in cui Serio dice: ”io so che Giulio è a posto, mio cugino Calogero è a posto, suo padre è a posto, lui è a posto ..... se mi porti questi cinquemila euro per Natale e io gli devo dare mille euro a Giulio, mille euro a mio cugino Calogero, mille euro a suo padre, mille euro a suo fratello e mille euro a mia cugina Rosalia che è con gli arresti domiciliari là sopra, glieli devo mettere dalla tasca io! a suo figlio già glieli ho mandati”, per i pm “tanto da registrare, talvolta, l’irritazione degli associati liberi, pressati dalle pretese (così ad esempio Mule’ Francesco, all’epoca reggente della famiglia di Palermo Centro, a proposito del mantenimento di Giovanni Castello: “ma questo non è che ... gli pare che c’è ... la banca?”; .. Non è che, per dire, uno è ”impiegato all’INPS”!)“. ”Particolarmente significativa è la circostanza del ritrovamento, in occasione dell’arresto del latitante Auteri, di appunti cartacei contenenti elenchi di nomi di appartenenti al mandamento di Porta Nuova ai quali era garantito il suddetto beneficio (come quelli di Pispicia Gioacchino, Lo Presti Tommaso “il pacchione”, Lo Presti Tommaso “il lungo”, Badalamenti Gaetano, Lipari Onofrio, Lo Presti Calogero detto Pietro, Calcagno Paolo)- dicono i pm - elenchi, peraltro, non esaustivi essendosi accertato, attraverso le intercettazioni, che per il medesimo mandamento un’altra nutrita schiera di detenuti era mantenuta con gli introiti dell’associazione mafiosa (quali Lo Presti Calogero, Di Michele Nicolò, Verdone Roberto, Arcuri Francesco, Di Giovanni Gregorio, Castello Giovanni)“.

Gli affari sono sempre quelli: traffico di droga con alleanze strategiche con i calabresi, estorsioni, gioco online. E’ il traffico di stupefacenti, per anni affare secondario dei clan, a segnare la svolta economica per Cosa nostra. L’allargamento dei contatti con la “grande distribuzione” è stato possibile grazie al costante accumulo del denaro fatto con il controllo capillare del mercato cittadino realizzato con l’imposizione sistematica, ai venditori al dettaglio, della sostanza da vendere, del pagamento di una percentuale o anche di un costo fisso mensile scollegato alle entrate. Nonostante gli uomini d’onore di vecchio stampo prendano le distanze dal traffico di droga, non ne disdegnano i guadagni. «Stai attento ah, perché oggi domani, io vedi per ’ste cose non mi ci sono mischiato mai, non ci sono entrato mai, non è che mi voglio andare ad infangare poi con un po’ di fanghi», dice il boss Gino Mineo intercettato e aggiunge: «Tu gli dici: ’lascia qualche cosa per … per il paese, … per i cristiani, gli dici … che hanno di bisogno». Il traffico di droga, dunque, torna a essere uno dei business principali di Cosa nostra. Le cosche evitano di farsi concorrenza, praticando lo stesso prezzo per le forniture di droga e hanno dato all’affare una fisionomia imprenditoriale rafforzando i rapporti con la ’ndrangheta, leader nel settore. «Mi senti, sta arrivando questo coso a fine ... la settimana entrante ... e ti devi organizzare per dove posarlo cose e poi smistarlo ... in quattro, cinque colpi non te lo piazzi tu questo coso? Vi faccio comandare Palermo», diceva non sapendo di essere intercettato, il boss di Tommaso Natale. «Al volo ... al volo! … minchia ti dico appena mi arriva i bagni ci dobbiamo fare!», rispondeva il suo fedelissimo. «Trecentomila euro a botta», spiegava, quantificando poi il guadagno. «Se lo dobbiamo dare a uno dei mandamenti ... lo dobbiamo dare a un prezzo perché va a finire che tra loro parlano…minchia che fa quello fa un prezzo e a quello fa un prezzo, manchiamo poi tanti, poi andiamo a rompere... manchiamo di serietà, dobbiamo fare un prezzo», spiegava.

Il sistema estorsivo è tuttora al centro degli interessi mafiosi, anche quale strumento di controllo del territorio: emerge, ancora una volta, la strategia delle imposizioni “a tappeto” (si pensi, ad esempio, alla sottomissione massiccia dei ristoranti delle borgate marinare di Sferracavallo e Mondello all’ordine di intraprendere nuovi rapporti di fornitura di prodotti ittici. «Un’ulteriore espansione affaristica, connessa anche stavolta allo sviluppo tecnologico, come accertato per i tutti mandamenti oggetto di queste indagini, riguarda il settore dei giochi e delle scommesse digitali che, subentrando alle vetuste riffe, in realtà rappresenta oggi una delle attività più remunerative di Cosa nostra che, da longa manus operativa degli imprenditori del settore, quali Angelo Barone, impone i pannelli di gioco, spesso illegali, ai singoli esercizi del territorio sì da realizzare enormi guadagni (Barone: Ho preso ora... quindici milioni di gioco)» scrivono ancora i pm della Dda di Palermo nel provvedimento di fermo che all’alba ha portato a decine di arresti. «Pertanto, l’associazione mafiosa si è dovuta riorganizzare per l’ampliamento della sua opera impositiva e di riscossione tanto che, il 24 agosto 2023, si intercettava Francesco Stagno mentre istruiva Leandro Cangemi - al fine di fare le cose in regola per camminare e ingrandire (..) perché qua il cervello per migliorare ce l’abbiamo - sulle modalità da adottare nelle interlocuzioni con gli esercenti, indicando i confini territoriali entro cui muoversi e invitandolo, per essere efficace, a presentarsi come emissario di Cosa nostra», spiegano i magistrati. Ed ecco una intercettazione captata dai carabinieri: «Non parlare mai in prima persona nel senso.. : ascolta c’è questa situazione ... mi mandarono per questa situazione non è che tu sei di parte, non sei con loro e con noi, tu sei nel mezzo, così se c’è uno sfogo tu te lo assorbisci pure ... cioè mi mandano per questa situazione. (..)», dice Stagno. E Cangemi replica: «all’inizio che ti ho detto io? Dove posso andare? E tu mi hai detto ... fino a Terrasini... dice ma qua c’è il limite tra Terrasini e Montelepre e mi fermo! … … se tu mi dici a me vai fino a Terrasini, io arrivo fino a ....».

2025-02-11T08:35:43Z