POCHI SOLDI E ARMI DALL'AMERICA. LA DIFESA MADE IN UE NON DECOLLA

L’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 e il possibile disimpegno militare degli Stati Uniti dall’Europa nel 2025 in caso di vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali americane hanno portato l’Unione Europea negli ultimi mesi a cercare di rafforzare la propria autonomia strategica nel campo della difesa e della sicurezza. La presentazione da parte dei Commissari Thierry Breton e Margrethe Vestager e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell del primo progetto European Defence Industrial Strategy (EDIS) e lo European Defence Industry Programme (EDIP) dello scorso 5 marzo rappresentano un passo importante in questa direzione. La strategia fissa tre obiettivi chiari: aumentare la capacità produttiva dell’industria europea della difesa, rafforzare la cooperazione europea nel settore e ridurre la dipendenza dai paesi terzi (in particolare dagli Stati Uniti).

Per raggiungere questi obiettivi, l’EDIS propone innanzitutto di utilizzare pienamente gli strumenti esistenti nel campo della politica di difesa e sicurezza dell’UE – in particolare, la Coordinated Annual Defence Review (CARD), che mira a monitorare i piani di difesa nazionali, aiutare a coordinare la spesa e individuare possibili progetti di collaborazione, nonché la Permanent Structured Cooperation (PESCO). Allo stesso tempo, la Commissione europea ha proposto un aumento degli investimenti nella difesa nazionale (al 2% del PIL), il rafforzamento della cooperazione UE-NATO e l’inclusione delle aziende ucraine nelle iniziative dell’UE nel campo della difesa e della sicurezza.

Se la strategia europea per l’industria della difesa fissa obiettivi ambiziosi in risposta a un contesto geopolitico difficile, sarà difficile raggiungerli senza cambiamenti significativi nella natura degli strumenti e nei finanziamenti stanziati. Nonostante l’accresciuta attenzione per i temi della sicurezza nazionale ed europea, tra il 2013 e il 2022 la spesa per la difesa in rapporto al PIL nell’UE è rimasta pressoché invariata (è passata dall’1,2 all’1,3 % del PIL, molto lontana dall’obiettivo del 2%). Nello stesso periodo, si è anche assistito ad una diminuzione della spesa negli USA dal 4 al 3,5% del PIL.

Gli strumenti proposti nella strategia europea restano intergovernativi e il loro corretto utilizzo dipende quindi dalla buona volontà degli Stati membri che, tranne alcune eccezioni, sembrano restii ad accrescere il loro impegno finanziario. Dal punto di vista del bilancio, l’EDIP prevede solo un budget aggiuntivo di 1,5 miliardi di euro per il periodo 2025-2027, identico a quello assegnato allo European Defence Fund (EDF) durante l’ultimo Consiglio europeo dello scorso dicembre. Questo importo è ben al di sotto di quello che il commissario Thierry Breton considera necessario affinché l’Unione europea raggiunga i suoi obiettivi di difesa e sicurezza (ovvero 100 miliardi di euro). Le prime valutazioni del meccanismo della Permanent Structured Cooperation (PESCO) hanno mostrato che gli Stati membri hanno avuto una continua tendenza ad avviare progetti di basso livello e a basso impatto. Allo stesso tempo, dati recenti mostrano che, fin dall’inizio della guerra in Ucraina, gli Stati membri sono stati riluttanti ad utilizzare l’Agenzia europea per la difesa per acquistare armi per rifornire l’esercito ucraino. Infine, in molti Stati membri si è osservata la tendenza a favorire l'acquisto di attrezzature militari americane a scapito di quelle europee.

È quindi incerto che il proseguimento del metodo intergovernativo senza forti incentivi politici consentirà all’UE di rafforzare la base industriale e tecnologica di difesa dell’UE e ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti per la fornitura di armi. Le discussioni sulle priorità della prossima Commissione Europea, sull’agenda strategica e sul futuro quadro finanziario multilaterale saranno quindi cruciali se le istituzioni europee vorranno avere gli strumenti giusti e un budget sufficiente per raggiungere i loro obiettivi di difesa e sicurezza.

I principali paesi extra-UE che vendono armi all’UE

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