QUINTI AL MONDO NEL SUPERCALCOLO. COME LO UTILIZZIAMO?

La Top 500, la lista dei principali calcolatori del mondo, ci ricorda Wired, ha annoverato due apparati italiani fra i primi dieci di tutto il pianeta. Al 5° posto il calcolatore HPC6 dell’Eni, capace della strabiliante potenza di elaborazione equivalente a ben 477,9 petaflop al secondo. Per avere un’idea di quale entità sia questo numero basterebbe scrivere 477.900 seguito da ben dodici zeri e provare poi a riconoscere il valore che ne è scaturito. Al 9° posto c’è Leonardo del Cineca di Bologna, il consorzio di calcolo delle università italiane, capace di una velocità computazionale pari a 241,2 petaflop al secondo.

Insomma stiamo parlando di due macchine potentissime in grado di fornire una risposta a ogni domanda di elaborazione che possa venire dall’apparato industriale e di ricerca del paese. Accanto a questi due mostri abbiamo anche una crescente capacità di stoccaggio dei dati, gli ormai noti data server, che in meno di due anni arriveranno a essere 86 sul nostro territorio, superando la capienza delle infrastrutture di Germania e Olanda.

L’insieme di questi apparati rende il nostro paese un gigante in Europa. Almeno per quella che potremmo definire la componente patrimoniale del sistema digitale: ossia le realizzazioni di beni e infrastrutture che per fortuna sono state realizzate nel paese. Ora però, proprio grazie a questa preveggente politica di installazioni bisognerebbe chiedersi banalmente: cosa ci facciamo con tutto questo ben di Dio?

Certo che questi impianti stanno lavorando. C’è una lunga fila di utilizzatori. I data server sono per la quasi totalità di proprietà di gruppi esteri che arrivano in Italia, dopo aver saturato i territori dell’Irlanda per la buona ospitalità che ricevono per l’allestimento di realizzazione che impongono consumi straordinari di energia e acqua che sono indispensabili per raffreddare macchine che lavorano intensamente 24 ore su 24. Mentre i due calcolatori che ho citato sembra che al momento siano usati per circa il 15%, è solo una stima, si attendono dati ufficiali, della loro potenzialità.

Ma una tale risorsa non dovrebbe essere il motore di strategie più complesse che vadano al di là della semplice distribuzione di capacità computazionali per singoli utilizzi? In sostanza mi chiedo: ci sono progetti nazionali che canalizzino questa peculiarità del sistema Italia e prevedano entro i prossimi mesi di rendere singoli settori del paese più avanzati e autonomi nel campo dell’elaborazione tecnologica? Il pensiero infatti corre subito alle nuove modalità di utilizzo delle intelligenze artificiali che sempre più si stanno miniaturizzando. In particolare, lo abbiamo visto con il salto da ChatGPT a DeepSeek, si fanno sempre più maneggevoli le fasi di addestramento, il cosiddetto addestramento rinforzato. Che permette di personalizzare queste forme di automatizzazione delle decisioni. Ora in questa logica mi aspetto che in alcuni settori vitali, penso alla sanità, al tessuto industriale alla pubblica amministrazione, si possano programmare sostanziali avanzamenti, condividendo le potenze dei due sistemi di elaborazione con i programmi di sviluppo.

Aggiungerei poi  un altro tema su cui l’Italia potrebbe combinare due primati. Quello tecnologico che abbiamo visto, con il più tradizionale, ma oggi attualissimo, primato nel campo dei beni artistici e culturali.

Proprio l’attitudine dei nuovi sistemi di intelligenza artificiale a essere personalizzati con materiali e contenuti specifici che rendano il ragionamento digitale più affine all’utente rispetto che al proprietario, dovremmo varare piani di conversione di archivi e musei per farli diventare serbatoi di questi piani di addestramento. Penso in particolare ad alcune realtà proprio delle regioni meridionali, dal museo archeologico di Napoli ai centri universitari di Palermo e Bari, tanto per fare un esempio, in cui finalizzare I depositi di questi materiali unici per far rivivere i documenti della nostra storia.

Unire lo straordinario e sterminato archivio di linguaggi e opere d’arte all’abilità di trasformare questi materiali in informazioni per un’intelligenza artificiale, potrebbe spingerci a un nuovo salto della rana, rendendoci un modello di riprogrammazione della tecnologia e non l’ennesimo record del suo utilizzo subalterno.

2025-02-10T15:11:58Z