SE THE MOTHER LO AVESSE SCRITTO L'ALGORITMO SAREBBE VENUTO MEGLIO

Si dice sempre più spesso di un film, a volte anche a scapito dell’originalità dell’analisi, che “sembra fatto con l’algoritmo”, per indicare un prodotto costruito a tavolino secondo le regole del Premiato Sceneggiaturificio di Hollywood, una roba piatta e sciapa che mette una X su tutte le caselle importanti e mentre lo fa si dimentica di avere una personalità. È una delle nostre, inteso come noi che scriviamo di cinema, scorciatoie linguistiche preferite, e a buon diritto! Nulla smonta l’entusiasmo di un potenziale spettatore come leggere le parole “film algoritmico”, per cui usarle ti permette di risparmiarne centinaia di altre che servirebbero solo a rispiegare il concetto per l’ennesima volta. Forse la soluzione sarebbe quella di scrivere la recensione algoritmica definitiva e applicabile a ogni film algoritmico? È una sfida creativa interessante anche se non sono sicuro che porti i necessari clic. È comunque sicuramente più interessante di The Mother, un film che, ahimè, non posso neanche definire algoritmico, e del quale mi tocca quindi parlarvi.

Magari potessi dirvi che The Mother è un film che sembra scritto da un algoritmo e chiuderla lì, e riempire il resto della recensione di una sequela di IL MATTINO HA L’ORO IN BOCCA (pare che citare Kubrick quest’anno si porti molto bene). Vorrebbe dire quantomeno che The Mother è un film prevedibile, già visto ed eseguito con rigore e senza alcun guizzo creativo: una roba inguardabile da un punto di vista filosofico, ma in realtà guardabile per sua stessa natura, nel senso di “creato per essere guardato e fare meno danni possibile, che è comunque meglio che fare schifo”. O forse no? Che non fare nulla sia meglio di fare schifo, dico. Non è invece meglio un film tremendo nelle intenzioni e nella realizzazione rispetto a uno talmente innocuo da risultare immacolato? Certo che è meglio, se ne facciamo una questione di principio. Però poi i film vanno anche visti, e io The Mother me lo sono dovuto vedere. Non fatelo.

Sembra uno di quei film che negli ultimi anni vengono affidati a Liam Neeson quando lo becchi di buonumore e ti dice di sì a qualsiasi proposta, o quando lo becchi di cattivo umore e ti dice comunque di sì perché vuole rifarsi la Jacuzzi e non ha voglia di andare a intaccare i risparmi. Un classico film da cestone, questo crede di essere The Mother; ma i film da cestone sono spesso banali, già visti, costruiti su cliché, ma altrettanto spesso fatti con applicazione e rigore da gente che di questi cliché riconosce il valore, che sa che se certe robe vengono fatte in un certo modo da decine di anni e in centinaia di film è perché funzionano meglio di altre robe. Sono banali? Sono già viste? Quantomeno stanno in piedi. Che i Grandi Antichi mi possano fulminare qui sulla mia sedia se The Mother sta in piedi.

È una stupidissima storia di rapimento e vendetta ma anche di riavvicinamento tra madre e figlia e di creazione di legami fin lì inesistenti e bla bla bla. Funziona così: Jennifer Lopez è Liam Neeson con un utero. È una ex soldatessa immagino delle forze speciali, qualunque esse siano, che è finita poi a fare la mercenaria e la negoziatrice in scambi di armi sul mercato nero – una bruttissima persona, e molto pericolosa, ma siccome ha un utero è anche una femme fatale. Pensate che mentre stava lavorando a un accordo tra un trafficante d’armi e un ex militare si è messa insieme sia al primo che al secondo! È una vera ragazzaccia questa Jennifer Lopez, che oltre a spaccare culi e commettere crimini internazionali trova anche il tempo di essere una donna, madre, cristiana e rimanere incinta. Di chi? Chi lo sa! Il padre è uno dei due criminali, ma la cosa interessa relativamente (a noi e al film).

È solo una delle tante cose che al film interessano relativamente, tra le altre c’è per esempio “coinvolgere”, “non dimenticarsi per strada personaggi” e anche “avere un’identità”. Dopo aver scoperto che i suoi due amanti sono persone poco raccomandabili, la povera Madre (povera perché non ci si premura neanche di dirci il suo nome, ella è caratterizzata solo dal suo essere portatrice di utero) decide di diventare un’informatrice per l’FBI, e di rinunciare a tutti i diritti genitoriali sulla figlia, la quale viene mandata a crescere in una famiglia adottiva. Madre, invece, si trasferisce in Alaska, dove dodici anni dopo vive ancora in perfetta solitudine tra i boschi e la neve, spaccando i culi alla fauna locale. Un giorno però il suo vecchio amico Agente Dellefbiai la richiama all’ordine. I due cattivissimi potenziali padri della piccola sono sulle sue tracce, e vogliono rapirla e usarla come Uterosegnale, costringendo così Madre a uscire dal suo nascondiglio. Vendetta! Tremenda vendetta!

Ovviamente Madre non si fa pregare, ed è qui che le cose si complicano: per venti/trenta minuti The Mother continua a inciampare sulle sue stesse idee e su presunte necessità narrative che non vede nessuno se non i tre autori della sceneggiatura – tre! Ci si sono messi in tre, che immagino significhi che questo pastrocchio è stato scritto e riscritto più volte fino a perdere qualsiasi parvenza di forma. Zoe, così si chiama la povera ragazzina al centro dell’attenzione di questo triangolo di passione, vendetta e cose a caso, viene rapita e poi liberata due, forse tre volte nel corso dei primi quarantacinque minuti di film, e ogni volta non si capisce quale sia il piano, il motivo, la ratio. D’altronde non si capisce neanche chi sia il padre, o perché la cosa dovrebbe interessarci: è chiaro che tutti questi inciampi, queste deviazioni che portano via tempo prezioso a un film che arriva a toccare le due ore di durata senza mai meritarselo, sono ostacoli lungo quello che dovrebbe essere il vero cuore dell’opera, cioè la faticosa ricucitura del rapporto tra una madre assente e una figlia cresciuta nel BLA BLA BLA BLABLIBLBIABLA

Sapete cosa succede a un certo punto in The Mother? Che Madre porta Figlia nella sua capannuccia in Alaska e le insegna la vita. È tipo un training montage anni Ottanta ma con il bonding madre/figlia costruito su semplici gesta eppur piene d’amore come sparare a un cervo innocente o terrorizzare a morte una famiglia di lupi. Nel giro di pochi minuti vediamo questa piccola creatura indifesa diventare un’assassina provetta, per poi venire rispedita via a calci da una madre anaffettiva che non la vuole vedere coinvolta in pericolosi scontri a fuoco con uomini molto cattivi. Non c’è alcuna logica nel percorso di riavvicinamento tra madre e figlia, non c’è neanche quella logica binaria e ipersemplificata che si ritrova di solito nei famosi “film algoritmici”. Il punto è che un algoritmo non avrebbe mai scritto un film come The Mother, perché la battuta è che gli algoritmi scrivono cose banali e prevedibili, non pastrocchi che ti farebbero fallire l’esame di Sceneggiatura 1 al Corso di Panificazione delle Sceneggiature di Hollywood. L'algoritmo non è scemo: è stronzo, è pigro, è banale, se la cava con meno del minimo sindacale, ma ci tiene al suo lavoro, non sfornerebbe mai una roba così perché allora a quel punto tanto vale pagare degli esseri umani così hai qualcuno in carne e ossa da incolpare.

Per cui no, The Mother non è nemmeno un film algoritmico. Oppure, chissà, l’algoritmo è diventato senziente e ha volontariamente sabotato la scrittura di The Mother, e quello che vediamo non è un thriller senza ritmo e senza interesse, ma il risultato del primo vero gesto autocosciente di un’intelligenza artificiale, l’inizio della singolarità, il Giorno Zero che ci porterà rapidamente verso la Matrice. Sarebbe infinitamente più interessante della verità. Ci potete credere che i due turbocattivi sono Gael Garcìa Bernal e Joseph Fiennes, cioè due che un tempo erano considerati non dico degli Attori, ma per lo meno degli attori? È difficile indicare chi dei due si annoi di più, forse lo si potrebbe trasformare in un drinking game? Una vodka ogni volta che uno dei due pronuncia una battuta con l’entusiasmo di un cassiere che alle 18:57 si trova davanti il classico tizio tutto brillante che ha una gran voglia di far battute simpatiche e un po’ scorrette per coprire l’infinita tristezza della sua esistenza.

Dopodiché, ehi!, quantomeno Jennifer Lopez si sbatte tantissimo, forse l’unica in tutto il progetto. Chissà cosa le è venuto in mente, chissà cosa ci ha visto in questa storia di maternità a tutti i costi e adorazione per le armi da fuoco e il piantare proiettili nel corpo di qualsiasi creatura vivente. Fatto sta che vive The Mother con la serietà e l’applicazione di chi quella nuova Jacuzzi vuole proprio meritarsela. Ed è letteralmente l’unica cosa buona che si può dire di questo film.

2023-06-09T05:15:07Z dg43tfdfdgfd