CON CIVIL WAR LA A24 VUOLE PRENDERSI DEFINITIVAMENTE HOLLYWOOD

È un momento strano a Hollywood, uno di quelli in cui le cose possono cambiare. I grandi studios tradizionali (Warner Bros, Universal, Sony…) sono in forte contrazione, specialmente dopo lo sciopero di attori e sceneggiatori. Significa che spendono meno e quel poco che spendono lo fanno in modi molto più accorti e attenti. Dall’altro lato l’altro soggetto spendaccione, cioè le piattaforme di streaming come Netflix, Prime Video e Apple, pure hanno smesso di investire grandissimi capitali senza controllo. A seguito del crollo in borsa e della fine di un’era dello streaming e dell’inizio di una nuova, devono stare attenti ai profitti, aumentano i prezzi, inibiscono l’uso di più account in nuclei familiari diversi e chiaramente spendono meno. Tutte e tre hanno bruciato milioni di dollari con The Irishman, la serie di Il signore degli anelli - Gli anelli del potere o il film Argylle, e senza vedere un vero ritorno. Non vogliono più farlo. Questo è il momento di andare sul sicuro per tutti.

È però anche il momento in cui una realtà fino a oggi piccola può tentare di inserirsi nel giro dei grandi produttori che hanno accesso ai grandi nomi e ai grandi incassi. La A24, fino all’anno scorso una casa per film americani da festival, esordi importanti, piccole stranezze che fanno il botto, con Civil War vuole lanciare il messaggio ai grandi nomi hollywoodiani che quello che Universal e soci non producono, loro lo possono prendere. Fino a oggi il modello di business della A24 ha funzionato su una spesa contenuta. In questo modo per diversi film audaci che non funzionano e sono un fallimento, ne basta uno che invece sia un successo per rimettere tutto in positivo. Per fare alcuni esempi due degli horror più commentati e amati di questi anni Hereditary e Midsommar non sono stati un successo, ma nemmeno Priscilla, il film di Sofia Coppola sulla moglie di Elvis Presley o The Whale, nonostante l’Oscar a Brendan Fraser. Tuttavia poi altri film come Everything Everywhere All At Once o Talk To Me si sono rivelati una miniera d’oro, bilanciando.

Per questa ragione fino a oggi il problema della A24 è stato lo stesso delle piccole società sportive: ogni volta che scoprivano un talento questo facilmente li abbandonava per fare il salto di qualità. È successo con Robert Eggers (quello di The Witch e The Lighthouse) andato a girare The Northman con Universal e, ancora più grave è successo, con Greta Gerwig, che aveva esordito con la A24, mettendo a segno un grandissimo successo per lo studio, Lady Bird, e poi era subito stata cooptata da Sony per Piccole donne e poi da Warner per Barbie. Adesso la A24 le sue scoperte le vuole tenere e quindi Civil War e il suo regista Alex Garland, che aveva esordito con loro con Ex Machina ma poi era andato a girare un filmone come Annientamento per altri, è la carta per dimostrare a tutti di essere anche uno studio per film ambiziosi. Certo non si parla di centinaia di milioni spesi come Mission: Impossible ma budget più grandi del cinema indipendente medio.

Civil War è questo, un film da 50 milioni di dollari per una casa che solitamente ne spende una ventina a film. È una storia con una grande possibile presa commerciale, perfetta per questo momento storico (è ambientato in un’America di finzione in cui un presidente simile a Trump ha fatto scoppiare una devastante seconda guerra civile) dotato di ambizioni diverse dal passato. Lo hanno capito subito gli analisti a giudicare da come si sono mossi per portarlo in sala. Di solito società come la A24 prediligono un’uscita graduale, magari un festival per l’anteprima così da iniziare a creare un po’ di chiacchiericcio, poi uscite “limitate” cioè solo nelle grandi città e in poche sale per crescere lentamente, in modo che più sale la domanda più si spenda per il numero di sale ottimizzando i costi. Così ha fatto Everything Everywhere All At Once per esempio.

Civil War invece è arrivato in sala come fanno i blockbuster, di colpo, in tutti in un gran numero di cinema tutti insieme. Del resto ne ha le potenzialità. E il risultato si è visto: nel primo weekend ha incassato 25 milioni, non era mai capitato per un film A24. Ora sta a circa 60 milioni con buona parte degli incassi dai paesi stranieri ancora da arrivare Secondo Variety se alla fine della sua corsa dovesse superare gli incassi di Everything Everywhere All At Once (143 milioni di dollari in tutto il mondo), allora avrebbe dimostrato veramente di poter giocare con i più grandi. Soprattutto la A24 avrebbe dimostrato di poter essere anche una società con le spalle sufficientemente grandi da sostenere e valorizzare film più impegnativi, una buona per gli autori in crescita, l’unica al momento ad accettare progetti totalmente originali. Perché l’altra caratteristica degli studios è che per minimizzare i rischi ricorrono quasi esclusivamente a franchise o proprietà intellettuali, cioè ai film tratti da qualcosa o che sono sequel o prequel di qualcos’altro, che insomma possono appoggiarsi a un titolo o a un universo narrativo che già ha un pubblico.

La A24 invece fa tutti film originali, come una volta, cioè film che non sono né vogliono essere parte di una saga. O almeno lo faceva, perché dopo il successo dell’horror X e del suo sequel Pearl ora ha deciso che questa possa diventare una trilogia e sta lavorando al terzo capitolo, Maxxxine. Mettendo insieme tutto questo (una società che fa film a costi medio-alti, che può portarli in sala in modi che permettono incassi elevati e che produce storie originali) si ottiene il profilo della realtà che oggi non c’è ma che tutti vorrebbero.

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